La compassione è uno dei sentimenti che più ci mette alla prova.
Letteralmente con questo termine si intende un sentimento di pietà verso chi sta soffrendo, verso chi è infelice.
Si prova quando partecipiamo alle sofferenze altrui, quando sentiamo un trasporto verso i dolori, le disgrazie, i problemi e i difetti degli altri.
Perché ci mette alla prova?
Essenzialmente per due ragioni: non è facile partecipare nel giusto modo (specie se si cerca di fornire un aiuto) al dolore e alla sofferenza di altre persone; qualsiasi atto di compassione ha un costo anche per noi e mette a nudo le nostre debolezze e fragilità.
Vediamo perché. Innanzitutto c’è il rischio di peggiorare lo stato d’animo della persona che vorremmo aiutare, offendendola o toccando delle corde sbagliate che finiscono per aggravare (invece che alleggerire) il suo stato d’animo.
E poi c’è da considerare che un vero atto di compassione parte dalla comprensione dell’altro, dall’abbandono della nostra posizione di comfort per addentrarci nel suo terreno di dolore e infelicità.
Avere compassione significa così esser disposti a condividere e a sopportare, con qualcun altro, questi problemi (fra l’altro non nostri). Un pericolo è anche quello di perdersi e finire con il sentire la stessa infelicità, senza avere affatto alleviato il peso all’altro.
E’ necessario pertanto ricordarsi sempre che dovremo mantenere il giusto equilibrio tra partecipazione, sensibilità e cura di noi stessi: perché solo mantenendo un equilibrio e solo se non verremo sopraffatti noi stessi da tutti i problemi degli altri, potremo esser davvero d’aiuto.
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