L’angoscia è un’emozione che ci porta ad avere un blocco allo stomaco e un nodo alla gola.
L’elemento che la caratterizza e distingue dalla paura è che si attiva quando non c’è un oggetto di cui avere, appunto, paura.
Quest’ultima, infatti, è un normalissimo meccanismo di difesa che ci porta a reagire di conseguenza ad un pericolo determinato (il fuoco, persone armate che si dirigono verso di noi, ecc.), ad una causa quindi ben definita, mentre l’angoscia invece agisce e ci prende quando non abbiamo un oggetto determinato.
Come ad esempio il coronavirus, che è un nemico che non possiamo vedere e di cui non sappiamo, per esempio, chi ne è contagiato e di conseguenza chi ce lo può attaccare. Stesso meccanismo verificatosi dopo le due Guerre Mondiali, periodo che vide non a caso il boom di tranquillanti come il Valium.
Quindi, in sintesi, si parla di una sensazione di strangolamento, di soffocamento.
Del resto, la sua radice greca, “ang”, significa proprio strangolamento e anche Freud, che fu tra i primissimi ad occuparsene a fine Ottocento, la chiamava “Angstneurose”.
Chissà, forse anche l’inglese “hang”, che significa attaccare, impiccare ed essere impiccato, ha proprio questa radice. Di sicuro l’idea cui si vuole riferire è la stessa.
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